La strada che va a sud è una pianura coltivata a cotone e cereali, vediamo alcune fabbriche tessili e silos per il grano o bulgur.
Si arriva fin quasi al confine con la Siria da qui, ma non è attraversabile, nemmeno i siriani possono passare.
L'ultimo villaggio è Harran, che oggi, complice il caldo torrido, il silenzio della campagna e le poche persone in giro, sembra un luogo dimenticato dal mondo.
Incrociamo qualche capra tra le strade polverose, che qui raramente vengono asfaltate, mentre ci dirigiamo all'unico bar del paese.
Qui c'è un parcheggio dal quale possiamo proseguire a piedi.
Come avvisati da qualcuno della nostra presenza, sbucano vari bambini cenciosi con la mano tesa, che sanno dire solo “money money”.
Poi si avvicina un ragazzo in moto, ci sente parlare italiano e risponde nella nostra lingua, dicendo “io guida turistica”.
Sapevamo prima di arrivare che qui sono tutti un po' insistenti con l'elemosina ma posso capire che non abbiano molte altre possibilità di guadagnare eccetto i turisti.
Ad ogni modo la particolarità di questo villaggio sono le case, che vorremmo visitare anche internamente, quindi il budget “elemosina” di oggi andrà a chi ci farà da guida in queste costruzioni.
Sono case di fango, la cui base ha 4 mattoni come colonne portanti, senza legni e con un tetto a punta.
Se ne vedono molte camminando per le stradine terrose, sembrano un po' i trulli di Alberobello, ma tutti marroni e attaccati tra di loro.
Arriviamo in un punto dove si apre un cortile ben decorato e ci si avvicina un ragazzo gentile, dicendo che queste case sono della sua famiglia, ora non vivono più qui ma se vogliamo fare foto è gratis.
Per entrare invece è a offerta libera, in qualsiasi valuta del pianeta, così gli diamo qualche dollaro avanzato da secoli fa, e lui felice ci accompagna in un bel giro turistico in cui ci spiega come venivano utilizzati i vari ambienti della casa, che oggi sono colonizzati dalle rondini che hanno scelto l'interno dei tetti per fare i loro nidi.
Ci affascina sentire la frescura all'interno, mentre fuori si boccheggia letteralmente a causa dei 43 gradi, ma è ancora più interessante vedere come tutti questi coni di fango siano collegati gli uni agli altri, perché le famiglie vivevano insieme, in grandi comunità.
E così era fino agli anni '80.
Queste case esistono ancora anche in Siria, al di là del confine, e chissà che magari lì le usino tutt'ora.
Il pomeriggio è un altro momento di grandi scoperte: andiamo a vedere il sito archeologico più vecchio al mondo, Gobeklitepe.
Qui recentemente si sono scoperti dei resti risalenti a 12.000 anni fa, che per la loro funzione cambiano un po' le regole della storia.
Il museo è il più caro finora, 21€ a testa, in cui un percorso interattivo spiega quello che vedremo all'esterno, in cima alla collina: dei monoliti alti anche 6 metri, pesanti varie tonnellate, disposti in circolo, tipo Stonehenge, che gli studiosi definiscono come “templi”, costruiti in un'epoca nella quale si pensava che le civiltà non praticassero il culto di dei, e che nemmeno potessero essere così civilizzate da trasportare queste pietre pesanti tonnellate.
La storia dietro queste scoperte è davvero affascinante, avevo letto qualcosa al riguardo negli ultimi mesi, ma prima di arrivare in Turchia non ne sapevo nulla, perché a scuola questo non c'era nei libri, la scoperta risale al 1995.
Tra queste colline spira una brezza calda ma intensa, che rende sopportabile la temperatura, quindi decidiamo di passare la notte proprio qui di fianco, sulla collina dopo, che chissà quanti segreti nasconde qualche metro sotto di noi.
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