Efeso





Ieri sera per evitare di essere svegliati di nuovo di soprassalto nel cuore della notte, siamo andati a dormire in città.

Qui vicino c'è Selcuk che è un paesotto tranquillo, un po' come tutti insomma, almeno in questo periodo dell'anno.

Abbiamo dormito in un parcheggio sotto ad alberi di mandarini che, se non li avessimo appena comprati, sapete cosa sarebbe successo!
Comunque il posto è comodo anche perché stamattina si parte per una visita ad un sito archeologico dei più importanti.

Uno di quelli dei quali vedi le foto da anni e nemmeno ti rendi conto di dove sia, che quando poi ci sei davanti non sai se correre dentro per vedere finalmente coi tuoi occhi tutto quello che hai visto tramite terzi, oppure se entrare al rallentatore per non far svanire subito quell'emozione del momento in cui stai per far diventare realtà un qualcosa di solo immaginato.

Così dopo aver pagato un parcheggio ed una entrata molto salati, ci immergiamo nella antica città di Efeso.

Il pomeriggio è soleggiato ma gelido e complice anche il forte vento che entra in questa vallata tutti abbiamo giubbotti e guanti.
Mi manca solo il cappello.

Ad ogni modo quando si giunge al grande teatro prima e alla biblioteca di Celso poi, non si può pensare altro se non che vedere questa meraviglia merita tutto il patimento che stiamo provando.

Continuiamo su questa larga strada lastricata che si inerpica tra vari resti di epoca romana e greca, ma dove oggi abitano solo gatti e cani che sonnecchiano al sole.

Ci sono molti turisti turchi e giapponesi, alcuni riposano sedendosi su dei capitelli corinzi, credo non sia un problema visto che non sono recintati, ma a noi sembra un affronto alle opere costruite da probabili nostri antenati, quindi proseguiamo fino a tornare al camper.

Siamo pronti per proseguire e non è tardi, le giornate iniziano ad allungarsi per merito dei giorni che passano, ma anche perché andiamo verso sud e verso est.

Potremmo andare a Sirince, cittadina ottomana dalle mille finestre, con case di legno e fango, ma ci accorgiamo che è in una zona troppo montuosa, sicuramente più godibile d'estate, ma che ora presenterà il panorama tipico di un paesino addormentato come altri già visti in precedenza; qui il freddo congela tutto fino alla primavera e non troveremmo posti aperti né persone in giro.

Ci mettiamo in strada imboccando la statale che va in un altro posto che vale la pena visitare, ma la strada è troppo lunga quindi ci arriveremo domani sera.

Per oggi ci fermiamo in un posto a caso, la scelta cade su Aydin, dove riusciamo subito a parcheggiare in centro e a fare un piccolo giretto al tramonto, ammirando una enorme fontana con giochi d'acqua di fronte al municipio, e trovando un piccolo locale dove cenare con l'ennesimo piatto tipico turco che non possiamo perdere: il Kumpir.

Questa è una specialità che abbiamo visto anche in sud America, si tratta di una grande patata cotta in un forno a legna, che quando diventa morbida all'interno va tagliata a metà e riempita con ingredienti a scelta.
Qui ci mettono burro e formaggio di base, ma i ragazzi al bancone ci fanno cenno che dobbiamo scegliere altri 5 ingredienti, quindi quando la cena arriva al tavolo rimaniamo spiazzati dalle dimensioni ed in effetti ci costa un po' di fatica finirle, tanto che Maury non ha nemmeno posto per il dolce!

La passeggiata dopo cena non ci aiuta a smaltire più di tanto.

 

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