Sardine in zona comfort

Fuori.

Totalmente fuori dalla zona comfort.

Finché non ne siete usciti, magari nemmeno vi accorgete che ne eravate dentro.

In questo momento sto riflettendo su questo, mentre sono seduta in questo bar del paese, aspettando di cenare e senza avere idea di cosa mi porteranno.

Sono completamente fuori dalla zona comfort fatta delle solite certezze, come ad esempio saper comunicare con il ristoratore, chiedere cosa c’è nel menu e capire quale cibo vorrei.

Oltretutto saprei anche quanto tempo ci vuole perché arrivi la pietanza, nella mia zona comfort.

Invece qui, il locale è pieno di gente del posto che mangia sardine, sono solo uomini mi accorgo, anche il proprietario è seduto a mangiare ma ci chiama a gran voce dal patio del locale, mentre noi camminiamo al centro della carreggiata, e chiede se vogliamo cenare.

Qui c’è il momento “sliding doors”: puoi decidere di proseguire e scegliere un posto più comodo, con un menù scritto chiaramente, un atmosfera più europea, magari qualche turista già seduto.

Ma ogni tanto fa bene anche uscire da questa comodità e tentare la sorte, nel vero senso della parola, non sapendo cosa ti accadrà.

Bene, le sardine erano proprio quello che volevamo, perciò scegliamo il secondo scenario.

Una volta seduti ci viene detto qualcosa in francese, poi in arabo, poi capiamo che dobbiamo aspettare minimo mezz’ora, accettiamo di buon grado.

Non si capisce chi è cameriere, chi è cliente, chi è un amico… tutti vanno avanti e indietro tra i tavoli di legno di questa piccola stanza con le pareti ricoperte di piastrelline rettangolari lucenti, ma tutt’altro che pulite.

Il soffitto di legno scuro rende l’atmosfera un po’ cupa. Alla mia sinistra un vecchio frigo della Coca-Cola spento e arrugginito, utilizzato come armadio.

È periodo di Ramadan, sono le 19:00, l’ora in cui si rompe il digiuno, non voglio disturbare, mi sembra giusto attendere senza chiedere nulla.

Non so bene come siano le abitudini in un ristorante in questo periodo particolare dell’anno, come dicevo, mi sento proprio fuori dalla mia zona comfort, un po’ a disagio.

Dopo mezz’ora qualcuno appoggia una tovaglietta di carta davanti a noi, sulla quale si espandono immediatamente macchie di unto, assorbito dai precedenti residui presenti sul tavolo non pulito. 

Poco dopo arriva un cestino ricoperto di sabbia e polvere, pieno di pane fresco.

Ci vengono servite due “harira”, zuppa tipica del Ramadan, che non abbiamo ordinato. 

L’ostacolo linguistico si aggiunge alla paura di disturbarli mentre finalmente mangiano anche loro.

Non chiediamo il menu, non chiediamo da bere e attendiamo pazientemente.

Verso le 20:00 ci viene chiesto se la zuppa era buona e approfittiamo per chiedere: “ma…sardine”? La risposta è: “finite sardine, no Tajine, no insalata, cosa volete mangiare?”

Allora direi… dicci tu che cos’hai! La zuppa era un omaggio per l’attesa? Perché ci hai chiamato per cenare se non hai nulla? 

Boh, sarà normale così. Vada per un piatto di carne tritata, almeno questo capiamo dai gesti del proprietario.

Dopo un’altra mezz’ora arrivano queste polpettine di carne trita con patate fritte, il menù sulla parete dice 25 dirham a testa.

Sono piccole e nemmeno buone, le patatine fredde. 

Il proprietario è uscito dal retro con un altro vestito, il socio ci porta un conto di 100 dirham totali.

E al tavolo di fianco a noi è appena arrivato un vassoio di sardine.

Forse la gentilezza non era l’arma vincente, ma comunque paghiamo e ringraziamo.


Domani caschi il mondo voglio una sardina.


 









Commenti

  1. Ma scusami.... non sei a dieta😁😄😃

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le sardine potevano anche andare come dieta… ma come dicevo, non abbiamo proprio scelto cosa mangiare quella sera! 😅

      Elimina

Posta un commento

Facci sapere cosa ne pensi! Leggiamo tutti i commenti con piacere