Isole e penisole

Sono qui in un silenzio irreale, i pochi turisti presenti sono tutti in acqua con un windsurf, cammino verso il centro della laguna, i piedi sprofondano nello strato molle di sabbia creatosi con la bassa marea.

Sono le 16 e il mare si sta ritirando, l’acqua calma e bassa rimasta è caldissima.

Branchi di pesciolini si spostano al mio passaggio, riesco a vederli benissimo nell’acqua cristallina.

Mi sdraio su questa spiaggia dorata, dal lato della laguna dove non soffia il vento, sono da sola, se escludiamo i cani e gatti randagi.

Dietro di me ci sono dei bizzarri ombrelloni africani studiati per i turisti con materiale di recupero. Oggi sono gratis, siamo fuori stagione, ma un cartello mi dice che durante l’inverno si affittano per 20 dirham.

Davanti a me c’è quella che chiamano Dragon Island, che a breve sarà raggiungibile a piedi, non proprio un isola, ma poco più che uno scoglio roccioso disabitato.

Se non è il paradiso questo, credetemi, ci si avvicina molto, ma è stata una lunga strada per entrare nel Sahara Occidentale.

Ci abbiamo pensato per giorni prima di decidere se scendere fino a queste latitudini, se proseguire dopo Guelmim, con la consapevolezza che dopo quel villaggio non avremmo avuto più nulla da visitare per quasi 1000 kilometri.

Abbiamo dovuto valutare quanti benzinai ci fossero in questa tratta, perché noi abbiamo autonomia limitata a 400 km, inoltre c’era da capire quali punti di sosta erano consentiti per dormire, nonché eventuali fontanelle dove fare acqua.

Ovviamente non potevamo farcela in una sola tirata.

Dissipati questi dubbi più altri relativi al clima e alle zanzare, non c’è stato più alcun ostacolo: il sogno di arrivare a Dakhla poteva concretizzarsi!

Non che Dakhla sia un punto particolare, ma essendo in una regione abbastanza remota e impervia, per non dire sconsigliata fino a qualche anno fa, prima che sminassero la strada principale, mi è sempre parso un punto di arrivo, una meta importante per un viaggio in Marocco.

Se non ci fossimo venuti, mi sarebbe sembrato di perdere una parte importante di questa nazione, sia paesaggisticamente che storicamente.

Per questo ero certa che valesse la pena uno sforzo in più.

La strada è stata tutta dritta, tutta piatta, tutto il panorama di terra gialla incessante, l’unico cambiamento erano i disegni che faceva il vento con la sabbia sull’asfalto davanti a noi.

Rischio di addormentarsi altissimo, ma l’emozione che abbiamo provato quando, svoltando a destra all’incrocio di Dakhla, siamo entrati nella penisola omonima e ci sono apparse le grandi dune bianche con lo sfondo della laguna turchese, ha fatto dimenticare tutta la noia precedente.

È un posto di forti contrasti, esistono pescatori che vivono in tende berbere ed esistono guide turistiche che guadagnano come europei.

Esistono strade nuovissime di asfalto nero e lucente, così come case piazzate sulla sabbia dove non è pensabile arrivare nemmeno in bicicletta.

C’è povertà e spazzatura, ma anche grandi hotel e ville in costruzione.

Sembra un po’ come Sharm El Sheik negli anni ‘90.

Affascinante viverci per qualche giorno, interessante capirne gli sviluppi ed entrare nella loro cultura.


Ma adesso vi lascio, ho una missione: raggiungere l’isola del drago…e ovviamente tornare in tempo per farla a piedi e non a nuoto!










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