La dogana



Lo stabile di lamiera blu e bianca è lungo e basso, il sole lo illumina esternamente e le grandi entrate ai magazzini restano in ombra rendendo difficile vedere dentro.

Davanti c’è un parcheggio riservato; la guardia all’ingresso, con la sua impeccabile divisa di una tonalità di grigio piuttosto fredda, ci consente di entrare nella parte sinistra e sostare su uno sterrato.

Prepariamo tutti i documenti che potrebbero servire.

Dico “potrebbero” perché le informazioni raccolte in questi ultimi giorni, relative alle pratiche di sdoganamento, sono contrastanti.

D’altra parte noi siamo un caso particolare.

E figuriamoci.

Il pezzo di ricambio in arrivo tramite le poste italiane è stato trattenuto qui da settimana scorsa nella dogana di Casablanca, all’aeroporto Mohamed V, terminal 3, agli uffici UPS, ma l’abbiamo saputo soltanto ieri pomeriggio.

Ci avviciniamo alla prima porta, saliamo i tre scalini di cemento ed entriamo sperando di trovare qualcuno che parli inglese e spiegare tutto l’accaduto.

L’agente all’ingresso parla solo francese e decide di mandarci un altra persona, con la quale possiamo spiegarci in pochi minuti.

L’indirizzo dell’hotel che ci avevano obbligato ad indicare per la consegna ha creato apparentemente dei problemi di tasse doganali, facendo credere che stavamo facendo una importazione di una parte di veicolo a scopo commerciale.

La soluzione momentaneamente pare essere solo l’attesa.

Tra un paio d’ore potranno darci aggiornamenti.

 

Passiamo l’attesa in un bar in questo stesso parcheggio, seduti su dure sedie di plastica, e ripenso a questi ultimi giorni nei quali il viaggio inteso come vacanza si è fermato per un inconveniente, ma la nostra vita no.

Noi siamo comunque in viaggio, siamo comunque in un Paese straniero nel quale apprendiamo cose nuove e dobbiamo interagire con molte persone diverse ogni giorno.

Non tutti i giorni di un viaggio a lungo termine possono essere spiagge paradisiache o vedute di scorci della natura incontaminata.

Questa ultima settimana per noi è stata diversa, come se vivessimo in questa cittadina e dovessimo agire come residenti.

Niente spiaggia, solo parcheggi in città vicino alle comodità. Niente vista mare, solo bar o piazze con Wi-Fi per poter comunicare o cercare informazioni sulla spedizione sparita. Niente pranzi in mercati tipici di qualche paesino ma normale spesa al supermercato per non perdere tempo e magari lavorare anche un po’ online. Niente notti tranquille in posti desertici ma incontri serali con guardie di sicurezza o agenti di polizia che venivano a controllare chi c’era nel camper.


Le persone al supermercato cercano di consigliarti quale verdura è più matura, i passanti ti chiedono se va tutto bene, all’ufficio postale si sono prodigati in 3 per capire dov’era finito il nostro pacco, un nuovo amico ha fatto 2 ore di auto per aiutarci a parlare in dogana proprio ora.


Anche da questo tipo di situazioni e di quotidianità impariamo qualcosa.

Non pensiate che in un viaggio di questo genere debba filare sempre tutto liscio. Quella si chiama vacanza, e non è quello che stiamo cercando.

Il nostro viaggio non sarà mai patinato.

È solo questo: vita reale.


E ora torniamo a vedere se ci sdoganano l’oblò.


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